Sulla situazione smartworking ed il lavoro a distanza, l’intervista all’On. Nicola Procaccini

L’On. Nicola Procaccini

Cosa ne pensa, riguardo i prossimi sviluppi della dimensione smart
working ?

Nel corso dell’emergenza legata alla pandemia, il lavoro a distanza nelle sue varie forme, agevolato dall’utilizzo della tecnologia, ha rappresentato un fattore importante, spesso decisivo, per la tenuta del nostro sistema produttivo e degli stessi livelli occupazionali. In Italia ci sono ancora oltre 7 milioni di persone, tra dipendenti e autonomi, che effettuano il lavoro “agile” (dati de Il Sole 24ore), pari al 32% del totale, contro i circa 500mila del periodo per Covid.

Questo significa che aziende, strutture pubbliche e professionisti hanno acquisito questa nuova modalità di lavoro, una certa flessibilità operativa che tenderà ad essere ulteriormente favorita dal supporto della
tecnologia. Secondo una recente indagine condotta dall’Associazione dei direttori del personale Aidp, circa 7 aziende su 10 ritengono di poter continuare le attività da remoto anche nella fase di ritorno alla piena normalità, perché i vantaggi dello smartworking superano le criticità. Questo, evidentemente, deve presupporre una condivisione con il lavoratore, proteggendo e tutelando il personale senza inaccettabili
differenze di trattamento tra lavoratori, a partire dal diritto alla disconnessione.
“.

Tale situazione del lavoro a distanza, può considerarsi un fattore
positivo o negativo in termini di sviluppo produttivo?

Credo che in termini produttivi questa tipologia di lavoro abbia dimostrato di poter essere funzionale alla crescita del sistema economico, come dimostrato dai dati che vedono le imprese favorevoli al ricorso a tale forma di prestazione, specie in relazione all’abbattimento dei costi. Ma occorre fare attenzione anche alla erogazione dei servizi ai cittadini. In questo ambito, infatti, risulta spesso fondamentale il contatto diretto
con il personale pubblico, la cui carenza può determinare disservizi a carico dei cittadini stessi.
“.

Quale creda possa dimostrarsi la migliore via di ripristino o adattamento, rispetto al fenomeno? L’“uscita” da questo contesto connaturato esclusivamente ad una situazione di emergenza,
oppure una realtà da riconsiderare, in una nuova dimensione?

E’ un dato oggettivo che tornare indietro, con il ripristino dello status quo pre-
pandemia, è davvero impensabile. Nuove forme di contatto e relazioni in ambito lavorativo, e non solo direi, hanno avuto modo di innestarsi negli ultimi due anni ed entrare nella quotidianità di ognuno di noi, dal sistema produttivo a quello scolastico.

Si è accelerato un processo che per un Paese come l’Italia, che sconta un gap digitale clamoroso, avrebbe richiesto forse un altro decennio. Occorre saper approfittare di questo schock, coglierne gli aspetti positivi per compiere quella rivoluzione digitale fondamentale per lo sviluppo del nostro Paese. Tutto questo senza creare discrepanze territoriali o accentuare il “digital divide” tra un settore e l’altro o tra le diverse aree
geografiche dell’Italia
.”.

L’uscita dalla emergenza non esclude la permanenza di ogni fattore critico perdurante. Il lavoro, ed appunto le nuove modalità: come collocarle ed orientarle nel prossimo futuro?

Sia chiaro che difendere il lavoro e combattere la disoccupazione deve essere la grande sfida dell’Italia. Una generazione senza lavoro è una generazione persa e un gravissimo danno per il futuro del Paese. La soluzione alla disoccupazione non è l’assistenzialismo del reddito di cittadinanza o l’intervento diretto dello Stato caro alla sinistra. Il lavoro si crea mettendo le imprese nelle condizioni di operare, produrre ed essere competitive nel mondo.

La tecnologia e tutti i vantaggi ad essa connessi possono rappresentare un fattore importante su questa strada. Ci consentirà di valorizzare tutte le componenti che determinano il livello occupazionale della Nazione, dando il giusto riconoscimento al lavoro autonomo come elemento fondamentale della società e tutelando le professioni, eccellenza italiana e forza produttiva di primaria importanza.“.

di Valentina Spagnolo